Seguito
Nelle pagine che seguono cercheremo di mostrare le forme e i modi attraverso i quali il Capitolo della Basilica e il Comune di Monte Sant’Angelo hanno esercitato le prerogative territoriali sulla piana di Macchia, e analizzeremo anche la lite giudiziaria che ne è seguita nei primi anni Venti. Manfredonia in questa non è mai entrata, evidentemente per mancanza d’interesse, ed è questa un’altra prova indiretta che le sue pretese andavano sempre più scemando.
Anche questa controversia, al pari delle altre, ha origini lontane, risale al 1678, anno in cui fu redatta la famosa Platea (Inventario dei beni) della Basilica di San Michele, alla quale il Capitolo si è sempre richiamato per sostenere la proprietà di migliaia di ettari di terreno, di cui la piana non è che una piccola parte.
Piccola si fa per dire, visto che l’area in questione, identificata col termine di quadrone, superava i 600 ettari. Per limitarci ad alcuni cenni al riguardo, il punto sul conflitto all’indomani della divisione dei demani, frutto di situazioni stratificatesi negli anni, può essere riassunto bene da una denuncia del 1821, che esce dalla penna del sindaco Filippo d’Errico: «I comunisti di Montesantangelo mentre pagano il canone al Comune vengono coazionati dal Reverendo Capitolo Garganico al pagamento de’ terraggi su de’ medesimi fondi siti nelle difese comunali Vota e Casiglia».
Il Comune, che si era sempre ritenuto padrone di tutta Casiglia, a maggior ragione dopo la consegna della stessa da parte del giudice di Pace nel 1813, si vide costretto a convenire in giudizio il Capitolo, che intervenne non in rappresentanza dell’istituzione, la Basilica, ma come intestatario dei beni di cui era contesa – conviene ricordare che la Basilica e il Capitolo avevano beni distinti e separati. Era come uscire da un sonno letargico.
La prima sentenza, emessa dal Tribunale di Lucera, risale al 9 dicembre 1822.
Essa proibiva al Capitolo di «terraggiare» sui fondi controversi e lo condannava alla restituzione del terraggio indebitamente esatto dal giugno 1813. Ma, con una seconda sentenza, del 26 agosto 1823, lo stesso Tribunale accolse l’eccezione di prescrizione invocata dal Capitolo ed ordinò che questo non venisse più molestato nel possesso. Avverso la sentenza il Comune produsse appello presso la Gran Corte Civile di Napoli, che, con sentenza del 9 giugno 1826, dispose una perizia per accertare «quale sia la estensione e la confinazione delle terre sulle quali il Capitolo ha esatto dei terraggi dall’anno 1773». «Intanto», aggiunse, «pendente l’ordinata perizia, e fino a che non sarà altrimenti deciso, il Capitolo continuerà la esazione de’ terraggi in questione, ritenendo però presso di sé il prodotto in qualità di Amministratore Giudiziario, con l’obbligo di darne conto ad ogni ordine della Gran Corte».
Però il giudizio non ebbe seguito, perché il Comune, che aveva interesse a proseguirlo, desistette da tal proposito. Così la questione di Macchia rimase impregiudicata. Ecco come si esprimerà, nel dicembre del 1864, l’agente demaniale Ignazio Centofanti in una missiva indirizzata al prefetto: «L’incartamento rimase sepolto nella polvere degli Archivi comunali fin dal 1826».
Nel biennio 1864-65 il Centofanti tentò una conciliazione con il Capitolo, che non approdò ad alcun risultato. Sempre nel ‘64 il Consiglio comunale nominò una Commissione nelle persone di Donato Giordani e Michele Giordano, con l’incarico di riferire sullo stato della vertenza.
Il 24 aprile 1868 fu adottata un’altra delibera di Consiglio, con la quale si autorizzava la Giunta municipale ad approntare una Memoria da sottoporre ad «uno specialista di discipline demaniali», al fine di conoscere se era il caso di riprendere o meno il giudizio. Ma «l’iniziativa non ebbe seguito ed il Capitolo pertanto continua ad esigere il terratico».
Dovrà passare un cinquantennio prima che un altro agente demaniale porrà mano di nuovo a quella questione. Infatti, degli agenti che si erano susseguiti nel corso di tutti quegli anni, per censire le occupazioni dei demani comunali di Monte Sant’Angelo – Antonio Cicella (1868-73), Francesco Pacelli (1876-88), Enrico Ciardulli (1889-91), Michele Torre (1896-97), di nuovo Enrico Ciardulli (1898-1906), Alberto d’Angelo(1906-07) – nessuno si era occupato del demanio Macchia, che comprendeva anche la piana di Vota. E tutta l’area era stata stralciata dalla planimetria Latessa del 12 dicembre 1894, che riportava le occupazioni censite a quella data. Il primo ad occuparsene, nel nuovo secolo, fu Michele Calvosa, di cui diremo tra breve. Per il momento importa che si torni alla contesa tra i due Comuni, che, dopo essere rimasta sopita per decenni, riesplose in occasione della formazione del Catasto, deciso con la legge del 20 marzo 1886. Si faceva a gara ad intestarsi l’area contestata, con pressioni, lecite e non, delle Commissioni censuarie dei due Comuni sull’Ufficio catastale provinciale.
Così, su ricorso di Manfredonia, che «reclamava l’aggregazione a questo territorio di alcuni terreni situati tra il torrente Varcaro e il torrente Pulsano», il perito catastale, pur non accogliendo la richiesta, «dichiarò contestata la zona nelle Mappe del comune di Monte Sant’Angelo» (lo si apprende da una delibera del podestà di Manfredonia del 12 febbraio 1928).
Ne risultò che al Catasto dei Terreni, attivato nel 1925, tra gli immobili siti nel Comune di Monte Sant’Angelo figurava anche la piana di Macchia, ma con la contestazione di cui sopra. Si deve ricordare che, nel frattempo, Manfredonia aveva addotto un ulteriore elemento a giustificazione dei suoi diritti sulla piana in questione, e cioè il fatto che alcune famiglie residenti in quella località registravano i figli nel Comune di Manfredonia. Ma, in verità, nei suoi registri non risultano trascritte più di una ventina di nascite del genere nell’arco del primo ventennio di quel secolo. E si dà anche il caso, davvero paradossale, che due figli nati nella stessa famiglia venissero iscritti l’uno nel registro degli atti di nascita di Monte Sant’Angelo e l’altro in quello di Manfredonia.
La vicenda della piana di Macchia può ritenersi chiusa con la lettera del podestà di Manfredonia al prefetto del 18 luglio 1935, che viene riprodotta nella parte essenziale: «Questa Amministrazione, nei riguardi dello stesso Comune di Monte Sant’Angelo, non ha mai fatto, agli effetti del censimento [censimento generale della popolazione del 1931], alcuna obiezione relativa al confine delimitato dal torrente Pulsano per quanto questo Comune da tempo antico ritiene e sostiene che in quella parte del territorio il confine sia molto al di là e precisamente lungo il torrente Varcaro. Ma, se il Comune di Monte Sant’Angelo, insistendo nel proprio principio, continuasse a dichiarare controversa l’appartenenza della zona Tomaiuolo, sarò costretto a fare altrettanto per la vasta zona di territorio compresa tra i suindicati due torrenti». Come dire che, se Monte Sant’Angelo avesse rinunciato alle sue pretese su Tomaiuolo (frazione Montagna), Manfredonia avrebbe disarmato di fronte alla questione della piana di Macchia. Con quella richiesta, del tutto nuova, di ritenere sua frazione la contrada Tomaiuolo, Monte Sant’Angelo aveva aperto un altro fronte!
La desistenza unilaterale da ogni azione del podestà di Manfredonia arrivò inaspettata, una folgore a ciel sereno, soprattutto se messa in relazione con la condotta dallo stesso espressa con la delibera del 12 febbraio 1928, in risposta alla pretesa, nuova anch’essa – era del gennaio di quell’anno –, del podestà di Monte Sant’Angelo di estendere gli accertamenti per l’imposta sul bestiame alla Montagna.
Nella delibera è scritto: «Letta la nota prefettizia in data 2 febbraio 1928, n. 1998…; considerato che la vertenza odierna deve riallacciarsi all’altra già esistente fra i due Comuni relativa alla delimitazione territoriale fra essi, e non venga giudicata indipendentemente dalla prima…; delibera: 1)…; 2) stabilire, siccome stabilisce, che la decisione che starà per essere adottata debba avere carattere provvisorio, fino a quando non sarà deciso il reclamo avanzato dal Comune di Manfredonia per l’aggregazione al suo territorio della zona ora dichiarata dal Perito Catastale Provinciale contestata». Ma tant’è.
Mentre tutto questo avveniva, si era da tempo conclusa la prima verifica del demanio Macchia da parte dell’agente demaniale Calvosa, che è datata 17 giugno 1919. Essa aveva riguardato un migliaio di cittadini, tutti occupatori a vario titolo, per una superficie di 1.963 ettari circa. C’era stata anche qualche conciliazione, ma non una presa di posizione riguardo alla questione spinosa del quadrone.
Sarà il suo successore, l’istruttore demaniale Anacleto Marinelli, ad occuparsene nel 1936. Egli, riportandosi alle testimonianze storiche sull’area in contestazione, avanzò una proposta perentoria, quella di risolvere la questione giudiziariamente: «Scaturisce evidente la conclusione che il territorio posseduto dal R. Capitolo di Montesantangelo debbe considerarsi di pertinenza del Comune; e che sia pertanto utile ed urgente per il Comune stesso di riproporre il giudizio nei confronti del Capitolo, per assicurare ai cittadini l’esercizio degli usi civici sulla estensione contestata».
Qualche anno dopo arrivò l’istruttore Ciro Lapeschi, che, ritenendo il quadrone un demanio ex ecclesiastico – peccato che Zurlo non ci avesse pensato! – propose di liquidare l’uso civico mediante divisione, con un compenso al Comune di Monte Sant’Angelo di «1/3 del valore del fondo». Lo Stato dei possessori di Macchia, da lui redatto, porta la data del 27 febbraio 1942. Ma neanche allora se ne fece niente, perché lo Stato restò lettera morta. La situazione , quindi, rimase com’era prima, con il risultato che il Capitolo ha continuato a riscuotere i canoni su quelle terre per tutta la prima metà del secolo scorso e chi gli è subentrato, la Curia arcivescovile, continua ancora oggi a beneficiare dei proventi delle relative affrancazioni. In tutte queste indagini Manfredonia non è mai entrata a nessun titolo, a riprova della sua estraneità a quella zona.
La questione della piana di Macchia si riaffaccerà più tardi, ai tempi dell’Anic e poi dell’Enichem, nei momenti in cui la protesta dei manfredoniani contro quello stabilimento si farà più accesa, facendo intendere che l’aver lasciato – irresponsabilmente, s’intende – quell’area in mano a Monte Sant’Angelo, rea di aver autorizzato a cuor leggero l’installazione del Petrolchimico in quella zona, era stata la più grande iattura di Manfredonia. Come dire che se la piana di Macchia fosse stata di dominio di questa città, l’Enichem non sarebbe sorta. Una sciocchezza! Era il tempo delle «cattedrali nel deserto» ed è risaputo che quel progetto veniva da fuori ed era reclamato anche da Manfredonia. Contrastarlo, poi, avrebbe dovuto significare mettersi contro i Palazzi romani. Cosa che non era alla portata dell’Amministrazione comunale di Manfredonia del tempo, a maggioranza democristiana, e neanche di quelle successive, di colore diverso. È altrettanto risaputo, infatti, che i maggiorenti locali dei partiti, indistintamente, hanno sempre accettato supinamente quel che veniva propinato loro dai capi, accontentandosi degli ampi margini di manovra di cui essi godevano nella gestione del sottobosco clientelare. Quella volta sarebbe andata ancora così, con buona pace dei manfredoniani.
FINE
L’autore
Michele Tranasi è autore di importanti ricerche sulla proprietà terriera di questi ultimi due secoli. Particolare rilievo hanno nella storiografia contemporanea i suoi lavori sul demanio e sul colonato di Monte Sant’Angelo, in provincia di Capitanata, e le ampie indagini su vari aspetti della storia di quel paese e della zona.
Saggista e polemista, collabora a diversi giornali e riviste: l’Avvenire, La Gazzetta del Mezzogiorno, l’Attacco, il Gargano Nuovo, ecc.
E’ iscritto al n. 32 dell’Elenco degli istruttori demaniali della Regione Puglia.
È socio della Sociètà di Storia Patria per la Puglia.
Pubblicazioni
1) Dalla Proprietà Comune alla Proprietà Privata – Monte Sant’Angelo 1806-1860, Leone Editrice – Foggia, 1994.
2) La Nascita della Proprietà Privata – Monte Sant’Angelo 1861-2001, Leone Editrice – Foggia, 2002.
3) La Comune di Parigi e la Scuola, Libo Grafica – Mattinata, 2012.
4) Lettura di Uomo e Superuomo, Libo Grafica – Mattinata, 2012.
5) Monte Sant’Angelo negli ultimi due secoli, Bastogi Libri – Roma, 2013.
6) Dal cardinale Fabrizio Ruffo a Francesco Paolo Troiano, Ed. Giuseppe Laterza – Bari 2016.