Manfredonia, 26 maggio 2018. Un anno emblematico il 1968 tanto da essere ancora oggi oggetto di dibattiti ed accesi confronti così come è avvenuto qualche sera fa al Luc di Manfredonia. Il sociologo sipontino prof. Silvio Cavicchia, in collaborazione con il Rotary Club di Manfredonia ed il Lions club Manfredonia Host, ha voluto attraverso un’attenta analisi ridare voce ai valori sessantottini che hanno animato le vite dei giovani di allora ma che sanno suscitare propulsive sensazioni anche nei confronti dei ventenni di oggi.
“Come si può creare un mondo diverso, migliore ed alternativo se ci basa sulla paura e sulla oppressione? Bisogna fare proprie la fiducia e l’entusiasmo che siano capaci di dare quella spinta quasi divina verso i sani principi per cui nel ‘68 si lottava”, dice Cavicchia.
L’universalità della giustizia per cui si è lottato va ribadita sottolineando l’esistenza di valori oggettivi ed ontologici intrinseci dell’essere umano da cui non si può prescindere, è fondamentale riconoscerli.
“Finito il liceo avevo voglia, come quasi tutti a quell’età, di esplorare il mondo e me stesso e di trovare un senso alla mia esistenza; non mi bastava quello che i miei genitori o i miei professori mi dicevano perché sentivo forte il bisogno di trovare una mia strada e così decisi di iscrivermi a Scienze sociali a Trento ed ancora oggi son convinto di aver scelto bene”.
Cavicchia vuole così esortare i ragazzi presenti ad essere padroni della propria vita, a scegliere per se senza aver paura di sbagliare e dal canto loro i numerosi ragazzi presenti, tra cui alcuni rappresentanti del ‘Collettivo InApnea’, hanno saputo cogliere gli interessanti spunti dell’incontro e porre quesiti oltreché esporre proprie riflessioni personali.
Il pericolo di cadere nell’anacronismo in dibattiti come questo in cui si pone al centro un tempo passato è sempre dietro l’angolo ma quando si affronta l’argomento riuscendo con successo a coinvolgere i presenti, le parole si arricchiscono di nuova linfa vitale, si rigenerano e si attualizzano.
50 anni sono passati da quell’anno mitico ma i segni sono ancora forti e vividi negli animi di chi l’ha vissuto più o meno attivamente e si rinnovano con le testimonianze di chi crede fortemente che un mondo migliore sia possibile…anche nel 2018.
Libera Maria Ciociola
Caro Silvio,
sul Sessantotto, com’è noto, sono stati versati fiumi d’inchiostro. Su una cosa soltanto gli storici, i sociologi e i politologi sono d’accordo: il Sessantotto rappresentò alla fine “un cambio di mentalità” che trasformo il mondo.
Il ’68 incise, infatti, sulla libertà sessuale repressa, nel costume e nel linguaggio, ridefinì profondamente i “valori” della famiglia e il rapporto tra le generazioni, la scuola e l’università.
Ma per quanto riguarda tutto il resto… non c’è assolutamente una lettura e una interpretazione univoca del del fenomeno.
Per taluni il ‘68 fallì, miseramente, come rivoluzione politica ed economica perché in Italia e nel mondo, nonostante la contestazione globale, il sistema di potere e il modello capitalistico non furono rovesciati, anzi.
Le cause del fallimento, i cui effetti a mio parere sono presenti ancora oggi, vanno ricercate nella dicotomia, meglio separazione, tra diritti e doveri, tra libertà e responsabilità, tra risultati e meriti.
“Ci sono state solo due rivoluzioni mondiali. Una nel 1848. La seconda nel 1968. Entrambe hanno fallito. Entrambe hanno trasformato il mondo.” (Marco Revelli)