La deliberazione del 18 gennaio 1867, ci rivela senza veli di reticenza da parte del Consiglio comunale lo stato pietoso nel quale versa la sanità ed in particolare l’ospedale civile di Manfredonia all’inizio del regno unitario.
“Il Comune di Manfredonia non ha propriamente parlando uno ospedale, il quale atto sia a convenientemente ricoverare gl’infermi poveri”. Si fa riferimento all’ospedale, posto in via S.Lorenzo, fatto adibire ad iniziativa dell’arcivescovo cardinale Orsini, nel 1677, trasferendo il vecchio ospedale S.Lazzaro (trasformato in Seminario).
Lo stesso, purtroppo, è composto di una sola sala, come nel ‘700 quando venne tenuta segregata una povera ragazza, novizia, sospettata di essere… “incinta”. “E’ doloroso dirlo, ma pur bisogna confessare che l’ospedale di Manfredonia viene costituito di una sala capace appena di contenere sei letti”, con una letale e condannevole promiscuità, concomitanza di ammalati e contagiosi e nessuna divisione tra donne e uomini; anzi, le donne per lo più non vengono ospitate.
“Oltreche l’ospedale di Manfredonia non può contenere donne, e quando sia costretto riceverne qualcuna, essa deve rimanere distaccata dagli uomini per mezzo di paravento o piccolo steccato cosa realmente contraria al buon costume, ed alla delicatezza e santità del luogo”.
Ma c’è di più; lo stato di degrado e di cattiva ubicazione dell’edificio è tanto che… “Gl’infermi ivi ricoverati sentono talmente la mala influenza del luogo che amano piuttosto morire ne’ loro abituri, che recarsi nell’ospedale…”
Il quadro è agghiacciante, e con buona pace…dei medici condotti (“condot-tati”), referenti (che spesso ricoprono le cariche di consiglieri, assessori e sindaci), e della Congregazione della Carità, delegata ad amministrare l’ospedale e le Opere pie, ed il cui bilancio è sottoposto all’approvazione dell’Università. Va precisato che i medici cittadini si recavano a pagamento presso le abitazioni degli ammalati, restando quell’edificio solo infimo ricettacolo di infermi “pezzenti”, per cui si auspica un… “ospedale veramente atto a ricoverare la mendicità inferma”.
Ed il consiglio comunale sipontino a fronte di tanta miseria vuol porre rimedio, approffittando proprio del decreto dello Stato italiano per la soppressione degli ordini religiosi, nel 1866, cioè di poco tempo precedente il provvedimento deliberativo, quasi che la soluzione sia stata studiata ed auspicata da tempo.
Si ricorre, così, al riutilizzo del convento dei Minori Osservanti (S.Maria delle Grazie). Il convento, secondo i cronisti locali, dopo il sacco turchesco (1620), dalla località la “Pace”, dove era sorto nel 1509 (e poi distrutto), venne trasferito a Manfredonia in via Tribuna (dove tuttora sussiste), nel 1648.
Solo che, il Consiglio, con il trasferimento dell’ospedale nei locali conventuali, vuole anche ivi localizzare un asilo di infanzia, un orfanotrofio e persino un
carcere, con una frammistione veramente assurda.
Questa la situazione ospedaliera nella comunità sipontina ereditata dal vice regno spagnolo, dal periodo borbonico, continuato con il regno unitario, ed ancora con il primo periodo repubblicano. E c’è ben poco da esaltarsi nella descrizione del movimento ospedaliero sipontino e dell’azione della classe medica e amministrativa locale. Chissà, forse, si nasce segnati?! Non c’è alcuna possibilità di redenzione?!
A cura di Pasquale Ognissanti (Archivio Storico Sipontino)