Quando si ha paura, una paura invincibile, di coinvolgere la popolazione nelle scelte, certamente la democrazia costa troppo; cosa si fa, poi, se la risposta non è in sintonia con il potere? Tocca assumersi responsabilità sgradite e affrontare malcontento e critiche.
Molto meglio addurre improbabili motivazioni tecnico-economiche ed evitare qualunque rischio: appunto la prassi seguita dalla nostra illuminata amministrazione per il referendum sul tunnel, ormai diventato mitico quasi come l’Araba Fenice.
Se poi la negazione della consultazione popolare, chiesta a gran voce e per tanto tempo, la mascheriamo con la lodevole intenzione di far risparmiare spese inutili alle malridotte casse cittadine, hai visto mai? Può anche servire ad attirare elogi e a rialzare il traballante gradimento generale.
Quindi via libera a mozioni d’ordine, calcoli sovradimensionati, virtuose dichiarazioni di impossibilità di modificare il bilancio: tutti motivi tanto apparentemente in buona fede quanto del tutto campati in aria. Succede quando si è convinti che i cittadini mandino giù qualunque fandonia e non cerchino conferma di quello che viene dichiarato nell’aula consiliare.
Senza andare troppo lontano, dalla vicina Puglia arrivano documenti ufficiali che restituiscono subito proporzioni esatte e confermano i sospetti della popolazione. A Manfredonia la determina dirigenziale 1544 del 22-11-2016 ha stabilito di corrispondere il compenso dovuto a presidenti di seggi (ben 59 ordinari più 1 speciale) e scrutatori impegnati nel referendum popolare svoltosi nella cittadina: appena 7.800 euro. Nel nostro caso avremmo avuto una spesa ancora inferiore, considerando che a Termoli normalmente vengono aperti solo 35 seggi.
Il referendum a Manfredonia (più di 50.00 abitanti) è costato complessivamente appena 67.000 euro, spesa che trova correttamente copertura finanziaria al cap. 2451 (“Spese per il referendum comunale”) del bilancio per l’esercizio finanziario 2016.
Dunque, come la legge stabilisce, se esiste uno strumento cui la popolazione può chiedere di ricorrere (come appunto a Termoli) l’amministrazione è tenuta a prevedere la spesa relativa e ad inserirla nel bilancio preventivo. A Manfredonia; ma non a Termoli, dove ci si è guardati bene dal farlo. Se questa fosse stata solo una dimenticanza, si sarebbe comunque potuto intervenire con una variazione in corso d’opera; invece vai con il solito teatrino, nel quale la parola d’ordine è ormai una sola:” Il referendum non s’ha da fare!”.
Se anche fossero state necessarie le cifre assurde (180.000 euro!) contrabbandate come necessarie per organizzarlo, facciamo notare che corrispondono ad appena lo 0,13 del nostro bilancio comunale, che ammonta a 133.612,712 euro. Troppo per la democrazia? Evidentemente sì.
Che dire? Per evitare l’ennesima figuraccia sarebbe bastato che l’amministrazione si informasse su quanto succede nelle immediate vicinanze…
Sfacciataggine, arroganza, impreparazione: queste le parole d’ordine della ormai lunga storia del Grande Scempio. Per fermare il quale continua il lavoro degli attivisti e della popolazione, in difesa della memoria collettiva e del paesaggio distintivo del luogo dove viviamo, sul futuro del quale non è pensabile decidere senza la voce dei cittadini.
(Pubblicato il 24/05/2018)
Fonte http://www.primonumero.it/attualita/rubriche/articolo.php?id=3260