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Mauro Rostagno: "il giornalista vestito di bianco"

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
7 Maggio 2018
Storie e profili1 //

Tra le tante testimonianze di coraggio e valore che popolano il meridione, ci sono storie di cui il tempo che passa ne ha affievolito la memoria collettiva. Tra queste, anche quella di Mauro Rostagno: sociologo, giornalista e attivista politico, nato e cresciuto a Torino ma profondamente radicato nelle cronache del sud Italia. Mauro Rostagno pagò con la propria vita la lotta alle mafie in Sicilia, a soli 46 anni.

Prima di diventare un eroe e un martire del Novecento italiano, Rostagno fu uno dei leader di punta del Sessantotto, incarnandone l’aspetto più vitale e innovativo, ma soprattutto il lato più allegro, come tante biografie su di lui hanno scritto. “La lotta alla mafia è gioia di vivere”, disse una volta Rostagno, e gioia è anche sinonimo di alacrità: da nord a sud il suo impegno e la voglia di fare lo hanno portato a prodigarsi per la giustizia, per i più deboli, per l’innovazione e il futuro. Marxista libertario, ma soprattutto un non violento, condusse la sua esperienza nell’estrema sinistra  con creatività, una creatività che si scontrò ben presto con la drammatica esperienza della lotta armata. Fu tra i fondatori di Lotta Continua nel 1969, partito che difese strenuamente fino al suo scioglimento negli anni ’70.

La politica non aveva posto per uno come lui, ma questo a Rostagno non importava: dopo un periodo vissuto in Sicilia come assistente nella cattedra di sociologia dell’Università di Palermo, nel 1977 a Milano fondò Macondo, un centro culturale che divenne un punto di riferimento per l’estrema sinistra alternativa. Macondo, come la città di Cent’anni di solitudine, dove si svela tutto un universo di solitudini incrociate e si succedono i destini ineluttabili dei suoi personaggi. Un destino ineluttabile come quello a cui, forse, lo stesso Rostagno sapeva di andare incontro con la sua attività, in quegli anni così difficili. Anni plumbei in cui lui scelse di rispondere al buio con vitalismo, musica, arte, mutamento, viaggio. E anche tanta spiritualità: fondò in Italia la comunità Saman, vicino Trapani, una comunità “arancione” fondata sugli insegnamenti del centro meditazione di Osho Rajneesh, che successivamente divenne comunità di recupero per i tossicodipendenti.

Dagli anni ’80, poi, visse intensamente l’attività di giornalista: gli bastò partecipare a una trasmissione di una piccola rete locale, “RTC”, per comprendere la forza di comunicazione di quel mezzo. Così, diede vita al proprio programma. Lo chiamavano “il giornalista vestito di bianco”, forse perché con tanta ingenuità cominciò a denunciare le collusioni tra mafia e politica locale. Egli intuì i loschi intrecci che facevano da sfondo a una terra maledetta e abbandonata e li sbatté davanti agli occhi di tutti, senza remore. La sua trasmissione seguì, per esempio, tutte le udienze del processo per l’omicidio del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari, nel quale erano imputati i boss mafiosi Nitto Santapaola e Mariano Agate. Fu anche il primo giornalista a realizzare uno spot sulla prevenzione contro l’AIDS, in un’epoca in cui lo stigma sull’HIV era dominante e tanta era l’ignoranza nella collettività in materia. Poi, il 26 settembre 1988, Rostagno ha pagato con la propria vita: venne assassinato nei pressi della sua comunità Saman da dei sicari mafiosi. E a rendere vano il suo sacrificio furono anche le omissioni, le incertezze, le sottovalutazione delle investigazioni. Alcune prove scomparvero (come una cassetta sulla scrivania con la scritta “non toccare”, scomparsa dopo l’omicidio), segno dei tentativi di depistaggio di cui seguirono molteplici durante il processo.

Ed oggi? Cosa resta di Mauro Rostagno? Una targa commemorativa sul luogo dell’incidente, che recita: «Io sono più trapanese di voi perché ho scelto di esserlo» .

 

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Che genere di mondo stiamo preparando per i nostri pronipoti? What sort of world can we prepare for our great grandchildren? (da "Human Rights, Rationality, and Sentimentality", in Truth and Progress: Philosophical Papers, Volume 3, 1998).

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